Bio

La formazione artistica di Tarantino inizia durante l’adolescenza, grazie all’influenza esercitata dai suoi più stretti familiari, soprattutto il fratello e il padre. Infatti rimane colpito da alcune sculture in legno realizzate dal fratello Pino (dalle brillanti capacità anche nel campo della pittura) e dalle sculture dalle forme floreali, in pietra leccese, create dal padre, muratore, per impreziosire fregi di portali o architravi di camini, a completamento delle strutture murarie.

Così non tarda ad aprirsi a molteplici interessi e a manifestare una grande curiosità per la scoperta del bello e per il fascino insito nella natura. Si cimenta prima a modellare dei volti impiegando l’argilla, materia tenera e facilmente malleabile, per passare poi a materiali più duri come la pietra leccese e il legno d’ulivo.

Successivamente segue un corso pomeridiano di cartapesta presso la “Società Operaia E. Maccagnani” di Lecce, dove approfondisce le sue prime conoscenze sull’utilizzo di materiali poveri, per la creazione di opere tipiche dell’Arte sacra del Salento, sulla modellazione delle parti in creta (testa, mani, piedi delle statuine di cartapesta) e sulla realizzazione di calchi in gesso.

Queste prime esperienze in campo artistico culminano nella partecipazione ad una mostra collettiva a Sternatia con l’esposizione di alcune delle sue creazioni.

Intanto si trasferisce a Modena, dove inizia la carriera militare e l’estro artistico viene messo temporaneamente da parte, anche se ogni volta in cui Tarantino ritorna in Salento si dedica a nuovi studi, ispirato dalle opere d’arte dei grandi artisti del ‘900. L’influsso di cubisti come Braque, Metzinger e Picasso, del surrealista Dalì, di Modigliani e di Toulouse-Lautrec non tarda a farsi sentire. Infatti, Tarantino realizza alcuni quadri in omaggio ai sopraccitati artisti e le prime sculture in pietra leccese, ispirandosi alle leggendarie teste di Modigliani.

Nel 1996,  in qualità di Ufficiale del Genio dell’Esercito Italiano, è in missione umanitaria  in Bosnia, dove è impegnato nella realizzazione di ponti stradali e ferroviari e di strade asfaltate, quando riceve l’incarico da parte dell’amministrazione comunale di Sternatia di scolpire un busto in onore del poeta contadino Cesare De Santis, per il decennale della sua scomparsa. L’opera, eseguita  in terracotta, viene poi fusa in bronzo presso una fonderia di Roma e collocata nella piazzetta prescelta del paese.

Negli anni successivi partecipa a mostre collettive a Roma e a Sternatia riscuotendo molto successo, malgrado la sua tendenza a sottacere il proprio talento, forse  per un eccesso di modestia o per non aver frequentato una scuola d’arte. Continua però a sperimentare e a ricercare, animato da una spiccata sensibilità verso il bello, a volte traducendo in sculture le pitture o i disegni di altri autori, conferendovi così una prospettiva diversa e senza dubbio originale. A tal riguardo sono interessanti le sue sculture in omaggio a Magritte, Picasso e Lucian Freud e alcuni “ready made” ispirati da Marcel Duchamp.

Sono di questo periodo anche alcune idee di design che sviluppa con materiali semplici: citiamo, per esempio, il tavolino montato su forcelle di bicicletta.

Queste esperienze rappresentano un percorso importante di crescita e maturazione che culmina, negli anni 2014-18, con la frequenza di una scuola d’Arte e Mestieri in Belgio,  dove lui si trova per svolgere un incarico presso il Comando Supremo della NATO in Europa. Qui conosce alcuni artisti del luogo grazie ai quali apprende o approfondisce alcune tecniche operative. Risalgono a questo periodo l’ “ Autoritratto” e il “ Busto del fratello Pino”.

Rientrato in Italia, negli anni 2021-22, dopo le sculture in legno ricavate dai rami degli ulivi secolari del Salento, dalle forme arcaiche che spesso assumono le sembianze di volti umani, il suo talento evolve verso una nuova forma d’arte: le “nature made”, ovvero composizioni che la natura ha modellato e che il fuoco ha scavato in modelli astratti e immaginifici.

In questa nuova dimensione, Tarantino intende preservare la bellezza intrinseca in un’opera già pronta e realizzata appieno dagli eventi casuali, assecondando così la natura – che affascina ed inquieta, ma certamente è fattura di Arte – e in essa pare che si rinnovi il miracolo dell’“angelica farfalla”. Lo scultore, in tal caso, si  limita ad individuare quell’anima – l’angelica farfalla – e a renderla indipendente dal corpo (consumato e modellato dal fuoco, ma radicato nel suolo) per farla rivivere ancora, rendendola così immortale, quasi eterna.